Ma come fa a funzionare la psicologia, parla con un amico, un prete, un insegnante…. e poi datti una mossa!.
Mai sentita questa frase? Si fonda su un concetto ormai falsificato da anni ovvero che la psicoterapia non sia una terapia vera e propria. Per chiarire come stanno le cose è utile quindi approfondire come funziona, su quali aspetti della persona e perchè riesce a farlo. Attenendoci ai risultati consolidati della ricerca fatta dalle neuroscienze e dagli studi consistenti svolti negli ultimi venti anni.
La neuroscienza ha dimostrato che la parola cambia il cervello. Ma non qualsiasi parola.
Serve una parola detta, ascoltata e condivisa in relazione.
Il cambiamento comportamentale, emotivo, di ragionamento, ma anche neurologico, avviene con il dialogo guidato. Sebbene la terapia segua delle regole di comunicazione apparentemente comuni, non è un parlare e basta, si seguono percorsi che portano a usare o omettere alcune parole, si rendono più incisive con tecniche verbali, non verbali e fisiche.
Si riescono ad ottenere così attivazioni neuronali, consapevolezze più reali o nuove, in grado di essere realmente utilizzate da cambiamento, si generano emozioni, si regolano attivazioni fisiche e mentali. Il cambiamento diventa progressivamente reale in diverse aree della nostra mente, del nostro corpo, dell’immagine di sè e dei comportamenti.
Ma vediamo dove e come avviene questo processo:
Innanzitutto, un aspetto che si nota anche a sguardi esterni è una rimodulazione delle emozioni: mettere in parole ciò che proviamo — ad esempio, anche solo dire “mi sento arrabbiato” — attiva la corteccia prefrontale e riduce l’attività dell’amigdala, la parte che scatena le reazioni emotive. È come se il linguaggio accendesse il “freno cognitivo” sul sistema limbico. Nella pratica si traduce nel nostro esempio in una capacità di gestire la rabbia più funzionale alle richieste del contesto sociale. Nel controllo soggettivo è percepita come capacità di riflettere, di avere più tempo prima di mettere in atto un comportamento altrimenti istintivo e quasi automatico (che in genere spaventa anche chi lo attua proprio per questa sensazione).
Questa conoscenza teorica è alla base del meccanismo delle tecniche cognitive quali ristrutturazione o reappraisal. Questa maggior attivazione della corteccia prefrontale e la maggior connettività di questa con l’amigdala è stata misurata con tecniche nella CBT.
Possiamo allora dire che non è introspezione generica: è regolazione emotiva misurabile.
Secondariamente, possiamo dire che le parole cambiano anche i ricordi che se affrontati in terapia. Rinarrati attraverso la guida terapeutica con un modo per la mente nuovo, sicuro e che fa sentire accoglienza, vengono riscritti nel e dal cervello in maniera nuova. Questo riscrivere la traccia emotiva è un processo chiamato reconsolidation. È per questo che, dopo aver rielaborato un trauma, non lo si sente più allo stesso modo: il cervello ha imparato un’altra storia.
Questo avviene con tutte le tecniche Bottom-up ovvero che partono dalla percezione sensoriale e la utilizzano attivamente per sviluppare nuove connessioni e nuove strade di elaborazione di quanto avvenuto. un cambiamento contemporaneo di fisico, mente e emozioni.
Nell’epoca dell’informazione facile che stiamo vivendo, queste conoscenze sono importanti perchè aiutano a comprendere quanto la psicoterapia possa essere una chiave di lettura e di azione nella cura del benessere personale nel suo complesso.
Queste evidenze scientifiche mostrano anche un altro fattore da non sottovalutare: tutto il cambiamento reale avviene nella relazione e attraverso la relazione con il terapeuta.
Non basta conoscere le tecniche o leggere post motivazionali. Questi sono utili per ottenere ispirazione, motivazione, per trovare lo spazio e il tempo mentale in cui inserire il progetto di entrare in terapia. Ma la conoscenza da sola non basta. Nessun psicoterapeuta del resto può fare autoterapia che in effetti non esiste.
La psicoterapia funziona perché avviene dentro una relazione viva, dove parole e silenzi hanno un significato reciproco. Dove il terapeuta è esperto del modo e della strada, ma il paziente è esperto della propria storia e anche della propria sofferenza.
Nella relazione terapeutica il corpo si calma, il sistema nervoso si sincronizza, si libera ossitocina: il cervello entra in uno stato di sicurezza che rende possibile cambiare.
È lì che la parola diventa cura, non più solo informazione.
Ripetendo questi processi — nominare, comprendere, sentire, essere accolti — i circuiti cerebrali si riorganizzano.
La corteccia prefrontale diventa più efficiente nel regolare le emozioni e nel guidare i comportamenti.
Cambiano le connessioni, cambia la mente.
Le parole sui social possono ispirarti. Ma solo le parole che scambiamo in una relazione reale possono trasformarti.
Non è magia della parola isolata.
La formula magica se vogliamo scriverla è : Parola + contesto relazionale + ripetizione/compiti tra sedute + tecniche mirate sono la combinazione efficace
Per eventuali approfondimenti,i processi di cui stiamo parlando sono affecting labeling (nominare l’emozione), la ristrutturazione verbale che insegna strategie nuove, la rielaboraizione narrativa che modifica la valenza emotiva dei ricordi (reconsolidation/extinction), la relazione terapeutica che permette la ripetizione e l’esposizione a queste tecniche in sicurezza e in modo che i cambiamenti si mantengano. di seguito troverete la bibliografia sintetica a riguardo.
Bibliografia:
Reconsolidation and the Dynamic Nature of Memory. Karim Nader Cold Spring Harb Perspect Biol
Putting feelings into words: affect labeling disrupts amygdala activity in response affective stimuli
Inter-brain plasticity as a biological mechanism of change in psychotherapy: A review and integrative model Haran Sened , Sigal Zilcha-Mano, Simone Shamay-Tsoory Frontiers in Human Neuroscience.
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